Pompei e il Segreto della Porta del Tempo

Ecco una storia raccontata in modo autenticamente originale,  e con rara perizia, da uno scrittore coltissimo, Pasquale Matrone, che  nato  in provincia di Salerno,  vive in provincia di Prato.

Matrone conosce le vicende storiche e culturali di Pompei come le proprie tasche. Attraverso una insolita “macchina del tempo”, ( che in questo caso è una misteriosa porta della cantina di una affascinante fattoria costruita sulle rovine della città morta), il giovane protagonista Marzio viene “catapultato” nel passato. Precisamente, nella Pompei del 74 dopo Cristo, cioè in una città divenuta un immenso cantiere di fervida ricostruzione, dodici anni dopo un devastante terremoto, quella stessa città che si avvia inconsapevolmente verso la sua definitiva distruzione che cinque anni dopo le sarà inflitta da una catastrofica eruzione del Vesuvio .

Dopo tante peripezie e vicissitudini, Marzio riuscirà a tornare in tempo ai nostri giorni, proprio nella villa-fattoria di campagna del nonno Orfeo, da cui era “partito” . Villa-fattoria che si trova a Civita Giuliana , l’antico borgo rurale sorto sulle rovine di Pompei secoli dopo la distruzione del 79. Dico subito che non si tratta di letteratura per ragazzi, anche se l’Autore ha pubblicato, in passato, ottimi libri di narrativa per ragazzi, è inserito in importanti antologie scolastiche e dimostra un’acuta conoscenza della psicologia dell’età evolutiva. E anche se il protagonista Marzio è un ragazzo, con tutti i sogni e i problemi dei suoi coetanei, cui si aggiungono le carenze d’affetto e le angosce derivanti, come nel suo caso, dalla separazione dei genitori, da lui vissuta come un dramma particolarmente doloroso.

E’ un libro per tutti, che partendo, in un certo senso, dai “Misteri” dell’antica Pompei, giunge ad affrontare i misteri dell’infinito Universo, e i problemi dell’Amore e della Morte, in una visione profonda e drammatica della storia e della posizione dell’Uomo ( nel mondo e nello Spazio), modulata sui due eterni registri, quello classico e quello romantico.

La vita è un mistero immenso e meraviglioso. Smettila, dunque, di porti domande inutili e impara ad amare e a costruire nella fede e nella gioia di vivere...”

“In ogni tipo di indagine devi adoperare innanzitutto la ragione; e, se la ragione non dovesse bastare, non fermarti, usa le altre straordinarie facoltà che ogni essere vivente possiede, usa i tuoi sensi e il cuore, calati nelle cose. E non stupirti di nulla. Ci sono misteri nell’universo che la nostra mente non riesce neppure a immaginare!”

L’impianto narrativo è al contempo semplice e complesso, “a più piani”, dove i “piani” si incastrano sapientemente gli uni negli altri, in un gioco mutevole di rifrazioni e di contributi reciproci. Alcuni di questi “piani” mi sembrano agevolmente riconoscibili, anche se nella realtà della storia romanzesca formano un impasto assolutamente unico ed armonioso. ( Mi fa piacere che Franco Salerno – nella rivista

 Le Muse - abbia parlato di “un mèlange perfetto di codici narrativi... romanzo familiare, romanzo storico, romanzo in chiave antropologico-misterica...”).

C’è da mettere in rilievo, innanzitutto, il piano letterario “tradizionale”, con una narrazione piana e accurata nella scelta dei vocaboli, con descrizioni di suggestivo valore estetico, anche se questo piano è destinato a “saltare” parzialmente, a causa del piano letterario “rivoluzionario” che, avvalendosi dell’ escamotage del ritrovamento di un antico e misterioso documento ( in questo caso il diario manoscritto di un antenato...) proietta la narrazione su altre coordinate, con esiti imprevedibili che accrescono la suspense e l’ansia del lettore di proseguire...per vedere che succede...

C’è altresì, come detto, il piano storico, con una ricostruzione mirabile e precisa della vita quotidiana nella antica Pompei (da poeta-documentarista ma anche da professore esemplare e da archeologo appassionato) degli ambienti, dei personaggi e del loro modo di sentire e ragionare, degli abiti, delle suppellettili, delle loro usanze e credenze .

Aggiungo una considerazione che ritengo molto importante : c’è il piano filosofico ed etico, con l’esposizione limpida e comprensibile delle varie concezioni filosofiche e delle credenze religiose antiche, specie dei culti orientali, che nell’Impero all’epoca di Vespasiano si aggiungevano alle concezioni e credenze autoctone della civiltà romana, per non parlare di quel soffio spirituale rigeneratore che ormai si espandeva con sempre maggior forza da quando Gesù il Nazareno era morto in croce in Palestina , una quarantina di anni prima... .

C’è il piano squisitamente psicologico entro il quale si muovono Marzio ( che vorrebbe vedere riuniti i propri genitori)  suo nonno Orfeo, (“filosofo” in pensione  che vive nella perenne nostalgia dell’ adorata moglie Euridice e nel rimorso di non avere tenuto rapporti più profondi con la propria figlia da poco separatasi dal marito...). Per non parlare dei ritratti psicologici delle numerose figure umane, “liberi”, “liberti”, “schiavi” (con una predilezione per le figure femminili)  che si avvicendano sulla scena di ieri e di oggi.

C’è il piano fantastico e mirabolante sul quale nascono e si sviluppano le vicende legate al “passaggio” dalla vita dei nostri giorni a quella della Pompei del 74 dopo Cristo, nonchè del conseguente, estremamente sofferto ritorno ai giorni nostri.

E tutto ciò sembra essere in contrasto con l’Anànche ( la Necessità, il Fato) che domina il mondo sensibile, nel quale tutto è gà stato scritto, e nessun uomo può illudersi di cambiare il corso degli eventi. La libertà interiore consiste, per l’uomo... proprio nella consapevole accettazione di tale Necessità o Destino.

Il romanzo, di cui non voglio esporre nei dettagli la “trama” per non togliere al lettore il gusto della scoperta, si snoda attraverso dodici parti o capitoli contrassegnati da un numero ( romano, ovviamente...) e da un titolo riassuntivo o caratterizzante : I) La Fattoria di Civita Giuliana, II) La Favola di Orfeo, III) L’Armadio dei Segreti, IV) La Lucerna e la Chiave, V) La Porta del Tempo, VI) L’Incontro con Fabio e Magonio, VII) La Notte dei Misteri, VIII) La Fattucchiera di Porta Nolana, IX) Il Termopolio di Asellina, X) La Sacerdotessa di Iside, XI) Il Fantasma del Teatro Piccolo,  XII) Le Mani Esperte del Chirurgo Mago.

Aggiungerò, soltanto, in questa sede, che ci sono pagine bellissime, scorci di alta letteratura, che restano impressi nella mente in modo indelebile. Come la descrizione della distruzione di Pompei del 79, i dialoghi tra filosofi, le declamazioni di testi di grandi poeti Latini, il ritratto psicologico del nonno Orfeo attraverso i suoi  racconti e l’impatto ( non solo affettivo, ma anche pedagogico) che questi hanno sul nipote, il ritratto dello zio Lucio, fratello del bisnonno, il cui diario affascinerà Marzio e gli aprirà le porte del passato e dell’ignoto . O come le pagine suggestive sul culto di Iside e la sua bellissima, in tutti i sensi, sacerdotessa Vibia Tertulla, (che tra una sublime preghiera e l’altra, dice : “Le grandi verità sono semplici. Basta solo saper guardare le cose nel modo giusto e nel loro insieme. Nessun dettaglio ha senso, se lo si separa dal tutto a cui appartiene. Non c’è un solo momento della vita nostra che non abbia il suo significato. Per capire il mondo, bisogna distaccarsene un poco, salire il più in alto possibile...”).

Altre pagine godibilissime, pur se di tutt’altra natura, sono quelle su una succulenta cena estiva nel  viridarium ( in giardino, sotto il pergolato), o come quelle sui saggi discorsi dello schiavo Acasto, o sulla sulfurea fattucchiera di Porta Nolana, e molte altre ancora.

Pasquale Matrone ha offerto, con questo libro, la prova più alta delle sue doti di scrittore . (Particolare successo aveva riscosso anche un suo precedente libro, Non spegnete quella luce, edito dalla Cedam, nel contesto di un curriculum artistico-letterario di primo piano).

Ma forse questo suo romanzo , Pompei e il segreto della Porta del Tempo, un difetto deve pur avercelo: non contiene quel pizzico di sudiciume e di trasandatezza ( di contenuto e di stile) che ha fatto la fortuna ( in verità,  effimera ) di tanti romanzieri degli ultimi anni.

  Luigi  De  Rosa (poeta, critico,  Provveditore agli studi emerito)

De Rosa Luigi - -

 
 
 
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