Intervista di Salvatore Tartaglione

       Pasquale Matrone e la Pompei ritrovata

Pasquale Matrone è nato in provincia di Salerno ma risiede ormai in Toscana da molti anni. Professore ordinario di Storia e Filosofia presso il liceo scientifico “Copernico” di Prato è l’autore di Pompei e il segreto della porta del tempo. Un romanzo delicato e avvincente, dal quale emerge una visione del mondo, cara all’autore, di un realismo quieto dove valgono le speranze moderate, in nome e per conto dell’amore.

Partendo dal presente, Matrone riesce a scivolare, con una strategia abile e leggera, in un passato remoto carico di umanità sullo sfondo di una Pompei descritta come la grande metafora di tutte città ritrovate. Ma il libro è anche una riflessione sull’eterno problema della filosofia: il rapporto vita-morte, filtrato attraverso gli occhi del nonno Orfeo e raccontato dalla voce di suo nipote Marzio.

Il messaggio che Matrone intende trasmettere al lettore sin dalla prime pagine è immediatamente percepibile: Eros, al di là del dolore e della sofferenza, riesce sempre a vincere la sua battaglia contro Thánatos.

Cosa sta leggendo…

Conclave di Roberto Pazzi, La cripta dei cappuccini di Philip Roth e Bambini, ragni ed altri predatori di Eraldo Baldini.

Il libro che salverebbe dal fuoco fatuo dell’indifferenza…

Ninfa plebea di Domenico Rea.

Un classico della letteratura campana…

 

Ballata e morte di un capitano del popolo di Luigi Compagnone.

Il personaggio campano a lei più affine…

Michele Prisco, per la capacità (da me mai del tutto raggiunta) di dominare il linguaggio.

Il libro che le ha cambiato la vita…

I Malavoglia di Giovanni Verga.

Uno scrittore da riscoprire…

Domenico Rea.

Il libro che avrebbe voluto scrivere lei…

Pinocchio di Carlo Collodi.

Il libro che non regalerebbe mai ad un amico…

Il cavaliere e il professore di Bruno Vespa.

Dove e come scrive …

A casa, nel mio studio, attorniato da una rassicurante e silente compagnia (ndr. la sua sterminata collezione di libri). Da qualche anno utilizzo il computer, prima, invece, adoperavo una stilografica.

 Il suo metodo di scrittura…

Uso, per costruire le mie storie, un’attenzione quasi maniacale nei confronti della realtà che, tuttavia, amo reinventare e trasfigurare in una sorta di verosimile-fantastico, “scimmiottando” Buzzati, senza mai perdere di vista l’alfabeto manzoniano. E, partendo dall’ambientazione mi documento sui luoghi, nei quali inserire, poi, i personaggi,  che nascono spontaneamente dall’ispirazione, o meglio, dall’inconscio.

  (Intervista pubblicata su L’Espresso napoletano, n° 1, febbraio 2004)

 

 
 
 
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